Vedo legioni di serpenti che strisciano viscidi
su sentieri umidi, fangosi, marcescenti;
vedo la scia bavosa di lumache senza guscio
la cui flemma esasperante non impedisce loro
di raggiungere le foglie succulente della salvia;
vedo ragni giganti, grassi e pelosi, secernere la tela traditrice.
Eppure la vita non chiede conto alla serpe
del suo scivoloso procedere
più di quanto non faccia col mio percorso di astuti peccati:
forse il suo morso non è velenoso quanto il mio.
E mentre la luce gioca e riverbera
nella geometrica ragnatela della vedova nera,
capisco che il sole preferisce i suoi sorprendenti disegni
alle mie trame sconclusionate ed avide.
Perché ogni orma che lascio è una ferita, un dolore,
ed è cupa la traccia del mio passaggio,
non risplende nella notte, argentata e lunare,
come la traiettoria misteriosa con cui la lumaca
scrive sulla terra il nome segreto del mare.